Quattro chiacchiere con un magistrato: ecco cosa ci siamo detti

Lui è in apparenza un uomo comune: ha un giubbotto imbottito blu, i pantaloni di un colore sbagliato abbinato a scarpe eleganti. Veste due mascherine, una chirurgica ed una FFP2 a coprire. Ha un berretto in testa e un pacchetto Amazon sotto il braccio. Ci incontriamo spesso, ci salutiamo con un cenno. Potrebbe avere l’età di mio padre. Ha l’apparenza di un pensionato in fila all’ufficio postale.

E invece è un magistrato. Ha un italiano forbito e un leggero accento campano: del resto la scuola giuridica pandettistica ha avuto solide radici proprio a Napoli. Entriamo in immediata sintonia. Parliamo per un’ora dietro le mascherine, forse anche di più.

Scopriamo di avere alcuni contatti in comune e lui non mi sembra stupito, mi sembra rassicurato per alcuni suoi colleghi che conosco.

Parliamo tra le altre cose di:

1) Pandemia e assenza piano vaccinale

2) Renzi e la crisi di governo

3) problemi legati ai ritardi della Giustizia e alla prescrizione

4) Necessità di riforme costituzionali

5) Reati societari, autorizzazioni in sanatoria

6) costruzione di una sentenza. Partiamo da qui.

Mi ha sempre affascinato la scrittura di una sentenza, come si arriva alla determinazione della decisione e come si riversa in un testo. Mi dice il magistrato che lui pensa a cosa scrivere nelle sentenze pure quando è al supermercato. E’ un lavoro, il suo, che lo coinvolge totalmente. Sostanzialmente è una decisione collegiale costruita attraverso alcuni incontri dove c’è un relatore ed il presidente che poi alla fine applica correzioni finali al testo. Semplicissimo? Neanche un po’. “Il migliore complimento che si può fare ad un Legislatore è di essere stato acuto nel prevedere la fattispecie regolata dalla norma” – mi dice. E qual è il migliore complimento da fare ad un magistrato? “Di essere stato prudente” – risponde. E il Magistrato è un essere umano, può sbagliare ma è raro: le sezioni spesso non si parlano. Lui si ricorda le dattilografe e la necessità poi, quando sono state tolte, di capire la calligrafia di ciascuno. Non ha voglia di parlare della parte digitale del processo e cerco di non indisporlo.

E’ convinto che Renzi abbia aperto la crisi, forse anche per coprire la notizia del probabile rinvio a giudizio del padre: mi spiega molto semplicemente il significato dell’accusa di “traffico di influenza”. Ascolto interessato per vedere se la sua definizione corrisponde con la mia e mentre lui parla mi appare nella mente la pagina del manuale di Giuseppe Ugo Rescigno che – pur amante dell’italiano e del metodo dialettico – inopinatamente nel testo parlava di trafique d’influence usando la terminologia francese. Mi piace mettermi qualche gradino più in basso rispetto a dove effettivamente sono perchè così mi sembra sempre di imparare le cose per la prima volta.

Con riferimento alla cd. “Strage di Viareggio”, lo ascolto dissertare magnificamente sulla fattispecie dell’omicidio colposo e del disastro colposo: gli elementi che servono per integrare le due fattispecie. E perchè la Cassazione ha dichiarato prescritti i reati di omicidio colposo e disposto un appello-bis sul disastro ferroviario. Si interroga se i soldi possono effettivamente alleviare il dolore di chi ha perso un familiare nella strage. Entrambi siamo d’accordo che sicuramente il ristoro è necessario.

Ad un certo punto scivoliamo sulle riforme: “La nostra Costituzione NON è la piu’ bella del mondo: è un corpus che va rinnovato fatta salva la prima parte dei principi”. Il magistrato è convinto che il rapporto con le Regioni sia il problema principale. Io sono molto stupito che tra le molte necessarie “riforme” lui parta proprio dalla Costituzione: la più’ difficile e forse la meno urgente a mio avviso.

Intrattenermi con lui è stato un piacere, lo saluto. Mi ringrazia del tempo che gli ho dedicato.