Si all’Agenda Digitale, ma senza strumentalizzazioni – di Dario Denni

E’ stata presentata oggi a Roma un’iniziativa privata che va sotto il nome di Agenda Digitale.

Chiunque cerchi di dissociarsi da essa cade nel fastidiosissimo equivoco di sembrare in opposizione con la digitalizzazione del Paese o, peggio ancora, contro il piano strategico europeo che invece è un faro regolamentare per tutti gli addetti al settore delle telecomunicazioni.

Entrando nel merito dell’iniziativa portata avanti da 100 famosi firmatari, mi sento di dover procedere anzitutto a raccogliere e condividere la bocciatura del Ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani, al quale è stata annunciata in maniera a dir poco brutale, ossia con una pagina urlata sul quotidiano nazionale più diffuso, il Corriere della Sera.

Partendo da questo punto – che indica da subito una manifesta incapacità propositiva in termini di comunicazione e di dialogo – si trova nell’immediato un motivo per cercare nelle pagine del sito Internet dedicato all’iniziativa, le prime risposte ad alcune domande che nascono spontanee a chi si trova a dover fronteggiare un assalto mediatico così inaudito, rivolto alla politica del Governo in materia.

Ed è così che, navigando le pagine di agendadigitale.org si scopre che tra i promotori dell’iniziativa ci sono gli amministratori delegati delle più importanti aziende di TLC in Italia, ed accanto a loro un testimonial del calibro di Fiorello. A seguire imprenditori ed ex imprenditori, tutti uniti a manifestare un dissenso verso le politiche del Governo.

L’iniziativa ha fatto subito il giro dei blog di alcuni giornalisti e avvocati che direttamente o indirettamente lavorano a questa causa.

L’accusa è grave. Secondo i firmatari dell’Agenda Digitale, l’Italia e quindi il Governo, non sta facendo abbastanza per la digitalizzazione del Paese. E’ proprio quanto si legge in un articolo a firma di uno dei promotori di Agenda Digitale, che arriva ad accusare il Ministro Romani “per la sua inconsistente attività nei panni di Sottosegretario alle Comunicazioni, per le comiche assicurazioni sugli investimenti promessi, sempre poi rapidamente smentite dai fatti, o per la generale incapacità della politica nostrana a mostrare capacità di indirizzo nelle scelte di sviluppo tecnologico del Paese

Mai occasione fu piu’ gradita ai parlamentari recentemente usciti dalla maggioranza, per richiamare il conflitto di interessi. E come era facile prevedere, l’occasione è stata subito  colta al balzo da alcuni parlamentari dell’opposizione, che sono stati capaci perfino di citare il “Caso Ruby” .

Cos’altro aggiungere?

Non possiamo nemmeno stupirci se questa iniziativa – prestandosi a simili strumentalizzazioni – abbia portato il dibattito altrove, spostando il focus lontano anni luce dai problemi del Paese.

La causa – sia chiaro – è certamente una giusta causa: dotare l’Italia di un’agenda digitale.

Ma chi l’ha detto che non si sta facendo?

Perchè vedete, una cosa che secondo me sembra sfuggita ai firmatari, è che la regolamentazione non si fa sui blog.

E’ sufficiente a questo punto riportare il dibattito nelle sedi competenti, dove peraltro è sempre stato, senza alterare il delicato equilibrio raggiunto grazie alla caparbietà del Ministro Romani nei tavoli tecnici ancora in corso sul tema, e nelle istituzioni pubbliche, lasciando ogni ulteriore analisi introspettiva ai consigli di amministrazione delle società firmatarie.