Pasquale Stanzione, tra neurodiritti e neurocapitalismo

Segnalo interessante articolo del Garante Privacy Pasquale Stanzione è talmente denso di contenuti che per comprenderlo fino in fondo occorrerebbero 3 lauree specialistiche, (diritto, medicina, filosofia).

Proviamoci scomponendolo:

(passim)

(…) oggi, strumenti diagnostici avanzati quali la risonanza magnetica funzionale, possono decodificare diversi tipi di segnali cerebrali e correlati neurali di informazioni mentali, in un domani non lontano potranno accedere ai contenuti, leggendo i pensieri e influenzare così, addirittura, gli stati mentali e il comportamento, agendo direttamente sulla sfera neuropsicologica

(…) documento del Comitato Nazionale di Bioetica del 2010 “Neuroscienze ed esperimenti sull’uomo: osservazioni bioetiche”). Ben più problematico è il ricorso a tali tecniche a fini di potenziamento cognitivo. Le attuali interfacce cervello-macchina per il controllo motorio già consentono non solo di amplificare capacità proprie dell’uomo

(…)  Le tecnologie capaci, invece, di apportare condizionamenti e modificazioni nel processo neurale, prospetterebbero invece un problema di libertà cognitiva come presupposto fondativo del diritto di autodeterminazione individuale. Interventi di questo tipo sul processo cognitivo e finanche volitivo avrebbero, naturalmente, riflessi rilevantissimi in ogni campo della vita e del diritto ma, soprattutto, sul terreno della capacità di discernimento (quale parametro valutativo ormai centrale in ambito civilistico) e della stessa imputabilità penale

(…) Il rischio, insomma, non è tanto e non è solo l’hackeraggio del cervello (prospettiva di un tale riduzionismo biologico da atterrire chiunque) quanto, prima ancora, la legittimità e l’ammissibilità etica di un intervento eteronomo sul processo cognitivo: il terreno sinora immune (sacer esto!)

(…) il pervasivo ricorso ad algoritmi capaci di prevedere il comportamento di ciascuno, secondo il profilo stilato sulla base del comportamento passato. Riecheggia, in forma nuova, la distinzione tra persuasione, suggestione e soggezione psichica la cui insondabilità indusse la Consulta a dichiarare incostituzionale il reato di plagio nel noto caso Braibanti. Ma si profila una prospettiva ulteriormente riduzionistica, laddove il singolo è ridotto a mero elemento di un cluster, negandogli ogni residua individualità.

(…) Quale significato avrebbe, infatti, la tutela dell’intangibilità della sfera privata, in ogni sua articolazione, se, poi, i pensieri fossero leggibili e venisse così negata la riservatezza di quei “thoughts, emotions, sentiments and sensations” che già Warren e Brandeis, nel 1890, indicavano come fondamento essenziale del right to privacy?

(…) Se, dunque, l’habeas corpus, nel proteggere fin nella sua corporeità la persona da atti coercitivi, ha rappresentato il fondamento dello Stato di diritto e l’habeas data– come diritto di autodeterminazione informativa — ha costituito il baricentro della tutela della persona nella società dell’informazione, l’habeas mentem dovrebbe allora rappresentare il fulcro di veri e propri neurodiritti.

(…) La difesa dell’Io sovrano, per dirla con Musil, dovrebbe rappresentare il presupposto necessario per l’esercizio di ogni altro diritto di libertà, che esige anzitutto una libera e indipendente determinazione del soggetto. Il rischio, altrimenti, è che innovazioni scientifiche potenzialmente preziose per la cura di stati neurodegenerativi divengano lo strumento per rendere l’uomo, come ha scritto Foucault, un “caso”, una non-persona, l’individuo da addestrare o classificare, normalizzare o escludere. Il dibattito di oggi, prima che risposte, vorrebbe suggerire domande sudi un tema, quello dei neurodiritti, che segnerà il nostro futuro prossimo. “L’albero della scienza non fu mai l’albero della vita”, asserisce il Manfred di Byron.

(…)